di Ornella Martini
Recentemente, nel negozio di alimentari di Mimmo ad Alfedena, un paese quasi confinante con il Parco Nazionale d’Abruzzo, abbiamo visto appeso sopra il bancone questo cartello:
Non abbiamo potuto fare a meno di fotografarlo. Mimmo ci ha raccontato che lo ha voluto mettere sua figlia dopo averne visto uno uguale non mi ricordo dove, dopo che, per l’ennesima volta, si è ritrovato una fila di persone davanti ad aspettare che una cliente finisse la sua chiacchierata al telefono. Deve essere scoppiata una specie di rivolta dei commercianti, se è vero che un tabaccaio di non mi ricordo dove, quando ha visto il cartello nel negozio di Mimmo, ha comunicato alla moglie di volerlo mettere pure lui. E se, a Rieti, ho visto e, quindi fotografato, questo cartello, appeso alla porta esterna di una pizzeria molto frequentata:
“Non abbiamo WI-FI. Parlate fra di voi”. Mi ha fatto ridere, per un attimo mi è venuto in mente: «Un locale senza Wifi! Che pitocchi!». Poi ci ho pensato bene e ho deciso che si tratta di una sorta di reazione immunitaria, un po’ rozza ma generosa e sana, visto che chi l’ha scritto mette in conto di poter anche perdere soldi. “Parlate fra di voi”. Un imperativo un po’ disperante, visto che il problema è proprio lì, spesso: ci si vede, si decide di stare insieme, ma perché, se poi ognuno cerca Internet per chiacchierare con altri? Un imperativo educante, a suo modo. Ma tocca ai pizzettieri educare alla convivenza?