Laboratorio di Tecnologie Audiovisive

Università degli Studi Roma Tre

Diversamente disabile

di Roberto Maragliano

Uno sciocco incidente mi ha procurato una frattura alla spalla destra. Per un mese dovrò tenere il braccio a riposo, custodito da un tutore. Questa è stata ed è un’occasione per verificare sulla mia pelle come funziona il rapporto con le macchine quando uno è appesantito da un handicap. Nella mia provvisoriamente attuale condizione di diversamente disabile, due cose sono in grado di testimoniare fin da subito.
La prima riguarda la maggiore usabilità del tablet rispetto al computer. Ve l’assicuro, non c’è paragone. Se puoi muovere le dita ma non il braccio niente è più scomodo di una tastiera. Quella non viene a te come invece viene a te la piccola tastiera virtuale del tablet. Direte che tutto questo è ovvio. Bene, è vero: è una un’ovvietà, ma come tutte le cose ovvie diventa significativa e importante per te solo quando ci capiti dentro.
Prima di passare alla seconda testimonianza è il caso che io introduca un altro elemento personale. Da molti mesi ormai sto utilizzando il mini iPad. Ci sono arrivato, a questa scelta, per due piccole manie personali: uno, il fatto che malgrado tutto non riesco a disabituarmi alla lettura dei quotidiani, e, con l’età, la praticabilità visiva e anche manuale dei fogliacci cartacei si fa sempre più difficile, di qui la scelta forzata di ricorrere a uno strumento che renda agevole sfogliare, zoomare e dunque praticare il quotidiano; due, il fatto che ogni volta che esco di casa o, peggio ancora, mi preparo per un viaggio non so decidermi su quali e quanti libri portare con me, problema che mi si risolve alla grande con questo strumento.

roberto

La seconda testimonianza consiste nel fatto che sono stato costretto a utilizzare la funzione Siri, cioè il sistema predisposto da Apple per il riconoscimento delle prestazioni verbali e la loro conseguente trasformazione in scrittura. Insomma, ho utilizzato Siri , incluso nell’iPad, come una solerte segretaria, capace di scrivere quello che io via via dettavo. Il testo che state leggendo è frutto, appunto, di questa simbiosi tra me e Siri. Direi che l’esperienza è stata ed è totalmente e incredibilmente positiva.
Al di là delle considerazioni immaginabili sul rapporto tra abilità e disabilità e su il ruolo positivo che vi possono svolgere le tecnologie digitali, questa esperienza diventa molto molto interessante se penso ai problemi standard, cioè “normali”, della pratica didattica di scrittura. Per far funzionare bene Siri sono necessarie due condizioni: che la dettatura sia fatta con calma e proprietà di dizione; che chi detta abbia in mente un testo il più possibile lineare e semplice.
In una condizione standard si possono fare interessantissimi esercizi, e pure divertenti, con Siri. Sia per capire cosa Siri capisce e, soprattutto, cosa non capisce e perché. Sia per allenare Siri a capire meglio ciò che si intende dire e dunque far scrivere. In ogni caso per far funzionare questo strumento e il nostro scrivere con questo strumento è importante l’allenamento a rappresentarsi bene, mentalmente, la propria scrittura. Una possibilità, adulta, ma non solo adulta, può essere di pensare ad una scrittura disponibile ad essere automaticamente tradotta in un’altra lingua, generalmente l’inglese, in forza delle sue caratteristiche di semplicità nell’organizzazione sintattica.
E questo mi consente di concludere con una proiezione sul futuro. Assistendo per via televisiva a delle manifestazioni sportive negli Stati Uniti, sono stato favorevolmente sorpreso dalla funzione automatica di sottotitolatura: anche nelle fasi più concitate del gioco la trascrizione scritta teneva dietro alle prestazioni orali degli speaker. Questo vuol dire che auspicabilmente fra non molto potremmo disporre di traduttori automatici funzionanti. Ancora non ho potuto sperimentare la funzione di traduzione di Skype, ma considero estremamente positivo il fatto, perlopiù ignorato dalla stampa nostrana, che dopo l’inglese e lo spagnolo l’italiano sia stato or ora incluso assieme al cinese come lingua fortemente richiesta dagli utenti.
E chi sa che in un futuro vicino il nostro paese possa diventare, anche lui, diversamente disabile. Anche grazie alle vituperate tecnologie digitali.
PS. Questa non è una pubblicità a Apple. Non lo è anche per la semplice ragione che Apple è un sistema chiuso, che non dialoga con gli altri sistemi. Dunque, per poter pubblicare sul blog questo post ho dovuto ricorrere ad un aiuto, soffrendo, anche per causa sua, di Apple, della mia attuale condizione di disabilità.

Informazioni su mariopireddu

Professore Associato presso il Dipartimento di Studi Umanistici, della Comunicazione e del Turismo dell’Università degli Studi della Tuscia. Mi occupo di studio, pratica e ricerca su media e formazione. Dal 2010 al 2017 sono stato ricercatore per il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre, docente di “Tecnologie per la Formazione degli Adulti” e “Scritture di rete”, e membro del Laboratorio di Tecnologie Audiovisive (LTA) dal 2006. Ho insegnato “Mass media, nuovi media e società delle reti” presso l’Università IULM di Milano. Amo il basso elettrico e cucinare. Linux user

3 commenti su “Diversamente disabile

  1. Maria Teresa ARISTEI
    19 aprile 2015

    Grazie Professore per il suo articolo.Tanti auguri di pronta guarigione.

  2. soudaz
    19 aprile 2015

    L’ha ribloggato su Il Blog di Tino Soudaz 2.0 ( un pochino)e ha commentato:
    Bello, interessante!

  3. Cesare Fregola
    20 aprile 2015

    Caro Prof.,
    Interessante questa sua testimonianza così “disabilmente” elaborata!
    Mi ha dato spunti per riflettere su alcuni contenuti e per combinare i significati che ho colto con miei “dialoghi silenziosi” che ho intercettato leggendola. Un esempio: Siri… Segreteria… Ecco cosa ho intercettato: “eh, però… quando io uso Siri penso a Totó mentre detta la lettera che Peppino scrive a macchina, mentre quando mi capita di scrivere sullo schermo dell’iphon penso alla velocità con cui mio figlio scrive”. Un altro esempio “presto potremo disporre di traduttori automatici funzionanti… Ecco cosa ho intercettato: ” ma io penso nel mio dialetto, traduco nell’italiano di cui sono capace e mentre penso cosa scrivere si attiva quel mio pensiero che controlla l’uso che faccio della sintassi. Quello che poi di fatto scrivo, qualche volta cambia sembianze e qualche volta è esattamente la sembianza che volevo! A proposito del mio dialetto calabro… Non ho piú il problema con le doppie “b” e le “g” perché c’è il correttore automatico dall’iphon che corregge… Il calabro in italiano lo controllo… E con l’inglese?… Ecco ho ripensato al mio papà nato nel 1928 che raccontava di un ragioniere suo amico che controllava con carta e penna i totali dopo aver fatto addizioni “chilometriche” con la sua nuova calcolatrice meccanica a manovella, ce n’è voluta perché il suo amico ragioniere si fidasse della calcolatrice. Ma lui i calcoli li sapeva fare e io con il mio inglese potrò fidarmi del sistema di traduzione? Farò di necessità virtù? O sarò diversamente disabile?
    Grazie prof. E solidarietà da parte mia per questa sua temporanea diversa disabilità che può produrre in qualche lettore qualche permesso di abbassare la guardia del controllo.
    Un saluto e un sorriso
    Cesare Fregola.

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Questa voce è stata pubblicata il 19 aprile 2015 da in Uncategorized con tag , , , , .

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